a cura della dr.ssa Annarosa Pacini
“Salve, ho bisogno di un consiglio per come comportarmi con mia figlia che ha otto anni. In questi giorni non fa altro che piangere perché’ un bambino della sua classe non fa altro che farle notare che le piace. Le scrive biglietti con i cuoricini dice a tutti i compagnetti che gli piace, le manda occhiatine dolci mentre lavorano in classe ecc. Mia figlia, purtroppo, sta reagendo malissimo a questa cosa, lamenta continui mal di pancia che fino a qualche giorno fa le passavano quando usciva da scuola. Ora invece la situazione si sta facendo più complicata, perché piange e si lamenta che ha mal di pancia all’improvviso, anche mentre gioca apparentemente spensierata quando è a casa o in qualunque altro posto, ed io non riesco più a trovare le parole adatte per farle capire che non c’è niente di male se tra compagnetti succedono queste cose, che sono cose normali, che anche alla sua mamma è capitato da piccola di piacere a qualche bambino. Ho veramente bisogno di un aiuto perché quello che si pensava fosse un atteggiamento di una bambina timida si sta trasformando per lei in un comportamento quasi ingestibile. Premetto che le maestre sono al corrente della situazione e che le stesse ritengono il comportamento di questo bambino, nei confronti di mia figlia, del tutto normale, anche se in realtà il bambino stesso è di per se molto vivace e tenuto sotto l’occhio vigile dalle maestre stesse per il suo modo di essere. Questo bambino è straniero ed è da poco stato inserito nella classe di mia figlia. Se vi è possibile darmi un sincero consiglio su cosa le posso dire per farla tornare a scuola tranquilla, ve ne sarei molto grata, grazie G.”
Cara G., basandomi solo sui fatti che ci esponi, potremmo ipotizzare:
– che in classe sia avvenuti altri episodi, anche precedentemente, che hanno creato nella tua bambina una tensione emozionale che ha trovato in questa situazione il fattore scatenante; se sì, bisognerebbe cercare di capire quali, ed aiutarla a capire perché;
– la reazione degli adulti intorno a lei, a livello emozionale, trasmette sentimenti e giudizi che le fanno percepire come negativa la situazione che sta vivendo (non basta “parlare con le parole” ai bambini, la comunicazione non verbale incide per oltre il settanta per cento della comunicazione, se mentre un adulto le parla della questione è preoccupato, o nutre sentimenti negativi o preoccupati verso il comportamento del bambino, è questo che in realtà trasmette, e quindi influenza la bambina ed il suo stato emozionale); – la bambina ha sentito giudizi da parte di adulti, relativamente al bambino, alla sua famiglia, alla situazione, che l’hanno indotta a preoccuparsi e ad assumersi le relative tensioni (e giudizi, e pregiudizi);
– il mondo relazionale di vostra famiglia presenta alcuni elementi che non sono favorevoli ad uno sviluppo emozionale equilibrato. Una figura parentale di riferimento con un comportamento non a adeguato alle esigenze della bambina (aggressivo, piuttosto che permissivo, o possessivo, o distaccato etc.) che, nel tempo, è stata concausa nel suo sviluppo emozionale, nella sua timidezza, nel modo in cui vive le relazioni;
– l’ambiente scolastico presenta situazioni che sono per tua figlia motivo di ansia.
E questi sono soltanto degli esempi possibili.
Come vedi, non esiste “la” risposta giusta. Bisognerebbe studiare la situazione in modo approfondito e conoscere bene tutti gli elementi. Questa rubrica ha lo scopo di favorire la riflessione su temi che sono sì specifici, ma che, in qualche modo, ci riguardano tutti da vicino. Per andare oltre, bisognerebbe andare verso un livello di approfondimento diverso.
In linea generale, se parole rassicuranti non producono effetti rassicuranti, vuol dire che lo stato emozionale di chi le pronuncia non è rassicurante. Significa che trasmetti a tua figlia altro. Un giudizio, un’insoddisfazione, una tua paura? Se riuscirai a capire il tuo vero stato emozionale, profondo, relativamente a questa situazione, potrai trovare le parole giuste per parlarle. Anche se a volte sono proprio gli adulti quelli che dovrebbero agire, su se stessi, per aiutare i bambini.
Tutto sommato, questa situazione che è emersa è un’occasione positiva per riflettere sui vostri modelli relazionali (non solo su quelli di tua figlia), cercare di capirli meglio, crescere insieme.
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